I francesi riprendono in mano “Il trattato sulla tolleranza” di Voltaire e riflettono criticamente sulle questioni della convivenza, della libertà, delle relazioni tra diritti e doveri e sulla lezione dell’Illuminismo prima che venisse degradato dalla deriva giacobina e la cultura della convivenza e del rispetto basata sulla razionalità umiliata dalla deificazione della Ragione. Noi italiani, utilmente, potremmo rileggere anche le opere di Beccaria, dei fratelli Verri, dell’abate Galiani o, per restare a pagine più vicine ai nostri tempi, di Leonardo Sciascia. E’ proprio lui, infatti, lo scrittore italiano che… più e meglio di tutti nel travagliato Novecento, ha ripreso in mano la lezione illuminista, l’ha legata con grande originalità alla cultura e alla letteratura civile di Manzoni e ne ha fatto il cardine d’un ragionamento critico sul potere, la giustizia, la cittadinanza, la ricerca della verità, la relazione tra le sfere dei diritti e quelle dei doveri. Uno sguardo severo che parte da un Mezzogiorno umiliato dalla mancata razionalità delle classi dirigenti (la violenza mafiosa, l’arroganza dei potenti, il servaggio delle clientele ne sono riprova) e guarda a un’Italia messa in crisi dal degrado politico e civile. Ecco perché la Sicilia diventa “metafora” della crisi dell’intero Paese. E dunque perché opere come “Il giorno della civetta”, “A ciascuno il suo”, “Il Consiglio d’Egitto”, “Morte d’un inquisitore”, “Il contesto”, “L’affaire Moro”, “Candido, ovvero un sogno fatto in Sicilia” (con esplicito richiamo a Voltaire), “Dalla parte degli infedeli” sino a “Porte aperte”, “Il cavaliere e la morte” e “Una storia semplice” ci parlano di una problematica e rigorosa ricerca del senso dei rapporti tra l’individuo (con tutto il suo carico di debolezze private e forza morale, dignità e libertà) e il Potere, tra la civiltà (con le responsabilità personali e collettive collegate) e la crescita della persona. La ragione ha un volto umano. E continua a parlarci, anche nelle pieghe più controverse e drammatiche della Storia e dell’attualità. (Antonio Calabrò)