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Carlo Orsi, dal Quadrilatero della moda di Milano a Londra fino New York


L’antiquario milanese che non ha mai smesso di viaggiare per promuovere e valorizzare l’arte antica italiana nel mondo

La sua galleria, in via Bagutta, a Milano, ereditata dal padre Alessandro e che gestisce personalmente dal 1986, è una sorta di scrigno incantato che si apre non appena varcata la soglia. La prima cosa che colpisce é la patina di un vecchio pavimento che ci fa pensare a quello di un castello austriaco. Poche opere esposte in una morbida penombra ma tutte importanti, ritratti di personaggi nobili e nature morte con fiori come frammenti di tempo che appartengono alla quotidianità. Ma é il senso di ammirazione verso il padre Alessandro, antiquario, che ci introduce in questo mondo dell’antiquariato. Carlo, rammenta con emozione le qualità di suo padre, la cura delle cose che faceva, ma ricorda soprattutto il gusto e lo stile che lo circondava. Quel “sentimento” che non solo sopravvive tutt’ora in questo magico luogo, ma continua nell’elegante garbo del figlio. Erano tempi diversi ma la passione, tra queste mura di via Bagutta, resta perfettamente intatta.

Galleria Carlo Orsi Milano

Una storia che nasce a Milano e poi prosegue a Londra dove ha una sua galleria, qualche altro programma in futuro?

Oggi è sempre più necessario essere internazionali, io stesso ho sempre viaggiato molto. La società é cambiata radicalmente, le persone, lo stile di vita e i gusti; le informazioni che ci raggiungono sono diverse e bisogna saper fare una sintesi, rubare le informazioni e proporsi sul cliente in modo esclusivo. Anche New York é una vetrina dove si può capire in che direzione sta andando questa società.

Una volta era il cliente che ti chiamava e chiedeva “novità” ma ormai sono anni che non sento più una persona rivolgersi in questo modo. In Italia é diventato tutto molto difficile, a partire da tutti quegli ostacoli burocratici che impediscono, al limite del surreale, di svolgere questo tipo di attività. Troppa rigidità – direi quasi anacronistica – sul tema della tutela o dell’esportazione delle opere d’arte; corretta per molte cose ma non si può applicare come principio su ogni tipo di impresa. Ci si trova troppo spesso di fronte ad una impasse senza capirne il perché. Dobbiamo pensare che il mercato è mondiale e Londra ma anche New York sono mete di moltissimi cultori dell’antiquariato e dell’arte in genere, una città ancora più frequentata in occasione di fiere o eventi particolari, ecco perché bisogna esserci.

Trinity Fine Art di Londra

Si parla da tempo che l’antiquariato non rientra più nel gusto di questa società, ma allora qual’é la clientela di oggi?

Sicuramente “Senior” e di “nicchia”, ma si sta cominciando a registrare una certa curiosità anche da parte dei giovani, magari in forma ancora velata però l’interesse c’é. Vedo il settore in crescita e questo lo interpreto in maniera positiva. Poi non dobbiamo dimenticare che abbiamo sempre più nuovi collezionisti al di fuori dell’Italia, mi riferisco a europei, americani e cinesi che cercano opere esclusive capaci di regalare emozioni, e l’opera antica é particolarmente intrisa di fascino e di storia. Le nuove generazioni hanno comunque un approccio diverso ma non escludono gli oggetti antichi, cercano piuttosto opere molto riconoscibili: questo non significa che devono essere esclusivamente rare, ma uniche nel loro genere nella produzione di un artista. Un pezzo capace di vivere da solo in qualsiasi spazio.

Orsi Carlo

Com’e cambiato perciò il lavoro dell’antiquario?

Il lavoro oggi necessita di molta più attenzione di una volta, é però importante un costante approfondimento…e poi devi sensibilizzare su quello che hai, ricercare attentamente le opere da proporre, ma soprattutto presentarle e offrirle in maniera esclusiva. In questo modo sensibilizzi, ma soprattutto aiuti il cliente a non sbagliare tra tante cose che gli vengono offerte; insomma, saprà poi lui stesso a scegliere con maggiore convinzione.

Qual’è il ricordo più bello della sua attività?

Fu durante un viaggio in Argentina che, recandomi a Buenos Aires, trovai in casa di un polacco fuggito dalla guerra un quadro in tarsie di legno di una straordinaria raffinatezza. Scoprii che si trattava di un regalo di Ferdinando d’Austria al Principe Poniatowski, in occasione della visita alla sua quadreria di Varsavia. L’opera, visto il significato che doveva rappresentare, era stata commissionata al noto ebanista e intarsiatore lombardo Giuseppe Maggiolini; la cosa mi colpì molto perché avevo appena comperato un oggetto simile e più che una casualità mi sembrò un segno del destino.

Lei è stato Presidente dell’Associazione Antiquari d’Italia e dal 2020 ricopre anche la carica di Presidente dell’Associazione Amici di Brera, un nuovo obiettivo di valorizzazione culturale per la città metropolitana?

In questi quasi tre anni dal mio incarico, abbiamo voluto portare eventi di carattere internazionale con diverse conferenze, presentazioni di libre e mostre, visite a esposizioni, chiese e musei del territorio. Ad esempio un’iniziativa degli Amici di Brera, è stata appunto Ei fu (per inciso, l’autografo dell’ode di Manzoni è conservato alla Braidense): quattro podcast che raccontano la Milano napoleonica, colossali progetti urbanistici e neoclassicismo, grandi cerimonie civili e vicissitudini del gusto. Nel contempo la mia galleria milanese sono stati protagonisti i capolavori dimenticati del neoclassicismo dedicati a Napoleone Bonaparte.

Ma torniamo a New York, il prossimo 6 ottobre si inaugura una nuova mostra a New York, un nuovo progetto di internazionalizzazione?

Si tratta di un’iniziativa che sigla una collaborazione con Nicholas Hall. La mostra, allestita presso lo spazio della galleria al 17 East 76th Street a New York, celebra il centenario del pionieristico studioso, intenditore e artista americano Anthony M. Clark (1923–1976). Considerato uno dei massimi professionisti museali della sua generazione, Clark ha ricoperto ruoli curatoriali di rilievo presso la National Gallery of Art, il Metropolitan Museum of Art e il Minneapolis Institute of Arts, di cui in seguito divenne direttore. Il suo gusto per l’arte prodotta nella Roma del XVIII secolo, e in particolare per Pompeo Batoni, ebbe un profondo impatto sul collezionismo americano degli anni Cinquanta e Sessanta. Saranno esposte oltre 60 opere, tra cui una selezione dei taccuini personali di Clark in prestito dalla National Gallery of Art Library, Washington D.C.


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Fondatore, editore e direttore responsabile di JACH - Journal of Art & Heritage. Opera nel settore dell’Art Wealth Management e nello specifico nella valorizzazione delle collezioni e patrimoni familiari. Lunga esperienza nella comunicazione finanziaria e istituzionale che ne fa una delle sue principali specializzazioni. Responsabile di FIRSTArte del quotidiano di Economia e Finanza FIRSTonline. Già docente universitario in Economia dell’Arte. Giornalista, autore di libri e responsabile di collane editoriali dedicate all’arte e mercato. Socia: Mensa e ICOM International Council of Museums Italia. Opera come Consulente accreditato OAM (Organismo Agenti e Mediatori finanziari) in Finanza d'Impresa

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