Oggi affrontiamo l’Ottocento Napoletano dedicando un paragrafo a Antonio Mancini. Artista con una sensibilità artistica che pur essendo radicata in un distinto vocabolario artistico napoletano, si è evoluta e maturata in uno stile pittorico veramente innovativo che lo ha catapultato a un livello di fama internazionale. John Singer Sargent lo considerava il miglior pittore contemporaneo mai prodotto dall’Italia. Con i suoi svolazzi esuberanti quasi di stile barocco con l’aggiunta della sensualità del colore degli artisti veneziani, riuscì a captare le emozioni e allo stesso tempo conquistare un mercato entusiasta di collezionisti. Anche lui come altri artisti del periodo privilegiava per i suoi dipinti le persone della vita a Napoli che rimasero istintivamente radicate in lui e continuarono quindi a permeare a molti livelli la sua arte. Ancora una volta abbiamo una collocazione sociale di questo periodo. Torniamo al principio che l’arte dell’Ottocento racconta il sentimento della gente del periodo e che attraverso le varie e numerose correnti mutava di decennio in decennio ma fu altrettanto capace di trasferire una lettura reale che oggi, andrebbe spiegata meglio alle nuove generazioni soprattutto per una scelta collezionista non solo dettata dalle mode del momento. Marika Lion
Antonio Mancini (1852-1930) è riconosciuto dagli storici dell’arte come una figura fondamentale nell’arte italiana della fine del XIX secolo, continua ad affascinare il pubblico moderno anche oggi. Nato fuori Roma nel 1852, Mancini ricevette la sua prima formazione artistica presso la locale Accademia d’Arte di Napoli con Domenico Morelli e Filippo Palizzi. Per questo motivo, Mancini è spesso associato alla scuola napoletana del Verismo, ma un ulteriore esame della sua opera nel corso della sua carriera rivela che Mancini resistette all’associazione a un particolare movimento pittorico, ma scelse piuttosto di aprire la strada a uno stile indipendente e totalmente unico. Le opere del maestro italiano mettono in mostra le molteplici sfaccettature della produzione artistica di Mancini e mette in luce diverse fasi della sua carriera fortunata e spesso tumultuosa. Mancini esplorò una vasta gamma di argomenti, dalle scene a ai nudi (in copertina (Riposo del 1887) e ai paesaggi, ma il suo contributo più significativo sarebbe stato nell’area della pittura di figura e del ritratto, spesso di giovani ragazzi. Non si può negare che era particolarmente abile nel penetrare la personalità psicologica del soggetto.
Nonostante il fatto che più avanti nella sua carriera, quando gran parte della sua produzione consisteva nella pittura di società, il cuore di Mancini rimase in debito con la narrazione della storia della vita quotidiana e delle lotte della gente comune: ragazzi di strada, monelli di strada, ballerini e musicisti.
Nel 1875, il pittore spagnolo Mariano Fortuny scoprì l’opera di Mancini a Napoli, riconoscendone il talento, spinse il giovane pittore a puntare su Parigi
Nell’autunno del 1875 fece il suo primo viaggio a Parigi dove allestì una piccola mostra. Gli anni 1875-1878 videro Mancini vivere e lavorare tra Parigi e Napoli. Intorno al 1878 Mancini cominciò a manifestare segni di disagio mentale e psicologico che lo avrebbero portato infine ad un esaurimento nervoso. Ritornò a Napoli per riprendersi e, in quel periodo, la pittura divenne un’ossessione, la sua produzione aumentò. Finalmente nel 1883 prese residenza permanente a Roma. A Roma Mancini si concentrò principalmente sui ritratti su commissione. Dopo aver incontrato John Singer Sargent che lo aveva precedentemente presentato ai membri della società londinese, il lavoro di Mancini era richiesto dall’alta società. Fu anche durante questo periodo che iniziò a sviluppare e perfezionare una nuova tecnica pittorica secondo la quale posizionava una griglia con una serie di quadrati davanti al suo modello per garantire che le proporzioni del ritratto fossero corrette.
Da un più attento esame stilistico dell’opera di Mancini è possibile distinguere due personalità artistiche distinte, esaltando sempre e comunque il fascino della vita dentro e fuori casa.
All’inizio della sua carriera giovanile la sua arte era alimentata dalla pura spontaneità legata al chiaroscuro più napoletano e quella della fase matura, quando la sua tecnica diventerà sempre più appariscente nell’uso sia del colore. Anche più tardi nella sua carriera, iniziata alla fine degli anni Novanta dell’Ottocento, sperimentò diverse tecniche e arricchì i suoi dipinti con pezzetti di vetro e sabbia, come per soddisfare il desiderio di rendere viva la tela attraverso l’aggiunta di materiali estranei.
In copertina: Riposo del 1887