Oggi introduciamo un argomento che rivela come il modo di far entrare un artista nel mercato sia radicalmente cambiato. Da un lato il mercato cerca disperatamente di ritrovare le regole del mercato, non sempre il collezionismo premia la proposta. Se fino a poco tempo fa erano le gallerie con i proprri curatori a giocare un ruolo importante per costruire l’ascesa di un artista, organizzando mostre e monografie in modo tale da raggiungere un ampio pubblico. Poi si è passati alle fiere e le case d’asta con il medesimo obiettivo, mentre le gallerie perdono il loro originale significato. A riguardo andrebbe fatta un riflessione, perchè oggi un pittore dovrebbe passare necessariamente prima in galleria e poi nelle aste quando è ormai conosciuto e apprezzato? Una regola corretta, ma oggi dobbiamo pensare che la tecnologia ci offre molto attraverso i diversi “luoghi digitali” e farsi un’idea su cosa ci sia sul mercato non è così difficile anche dal punto di vista del loro valore, confrontando grafici e tendenze che possiamo confrontare nei siti come artprice. Ciò che manca è che l’opera di un’artista può essere vastissima e andrebbe sempre valutata nel suo intero periodo. Tornando all’Ottocento, erano le gallerie ad offrire “la storia” e “l’evoluzione” di un artista come di un periodo per così poi passare all’incanto. Un caso interessante è Federico Zandomeneghi (1841 – 1917), pittore impressionista, veneziano ma che sceglie nel 1874 raggiungere per non fare più ritorno in Italia. Federico Zandomeneghi era già un artista maturo e con una nota abilità nella pittura di figura, affinata in particolare durante il periodo trascorso collaborando con gli esponenti del realismo fiorentino dapprima con i Macchiaioli. Tuttavia, lo stile di Zandomeneghi cambiò radicalmente sotto l’influenza dei giovani impressionisti francesi, accanto ai quali espose nella seconda mostra del gruppo nel 1876. Zandomeneghi entra nel mercato grazie al suo gallerista e grande sostenitore, Sacerdoti, che si propone al collezionismo il collaudato modello del mercante parigino Durand Ruell, inserendo anche nelle sue proposte anche il pittore veneziano, allora pressoché sconosciuto ma che aveva le carte in regola per entrare nelle case d’asta. Possiamo azzardare una previsione? Nonostante le opere del pittore abbiano un certo valore, ancora molto contenuto e avvicinabile, è un artista che meriterebbe un maggiore riconoscimento come tanti altri impressionisti che però godono di leggi che consentono l’internazionalizzazione. Oggi sarebbe ancora più importante cercando di arrivare a trovare nuove leggi diversamente a quelle oggi applicate che impediscono la libera circolazione delle opere d’arte verso l’estero, tagliando fuori quello internazionale che darebbe la spinta al reale valore all’arte italiana. Marika Lion
Zandomeneghi chiamato era profondamente sortato da critici come Emile Duranty a trovare i suoi soggetti nella vita moderna parigina, e invitato da Edgar Degas per partecipare alla quarta mostra impressionista del 1879, lo stile di Zandomeneghi si evolse in uno stile che aderiva ai principi impressionisti, pur mantenendo un elemento narrativo significativo.
Da giovane Federico Zandomeneghi era stato un fedele sostenitore di Garibaldi, ma quando lasciò l’Italia per Parigi il 2 giugno 1874 non fece più ritorno nella sua terra natale. Fu probabilmente il critico Diego Martelli a incoraggiare il giovane artista a trasferirsi nella capitale francese. Martelli aveva sostenuto il gruppo italiano di pittori plein air conosciuti come i Macchiaioli che condividevano gli stessi principi degli impressionisti francesi e il suo resoconto entusiasta della prima mostra impressionista a Parigi certamente influenzò il giovane Zandomeneghi a trasferirsi a Parigi. Martelli presentò ‘Zando’, come veniva chiamato dai suoi colleghi francesi, a Edgar Degas e tra i due nacque una veloce amicizia. Fu Degas a invitare il giovane artista italiano a esporre alla Quarta, Quinta, Sesta e Ottava mostra impressionista del 1879, 1880, 1881 e 1886. Zando divenne il più moderno del triumvirato Diego Martelli etichettato ‘La Colonia Italiana’ a Parigi , gli altri due sono Giuseppe de Nittis e Giovanni Boldini.
La figura femminile è il suo soggetto prediletto e le sue immagini di donne, sia in interni sia in esterni, risentono notevolmente dell’influsso della moderna raffigurazione dell’eleganza diffusa attraverso le riviste di moda.
La descrizione delle toilettes, degli elaborati cappelli, dei gesti tipici della moda, come l’indossare i guanti, o muovere il ventaglio, occupa un posto di rilievo nella sua produzione, e a questo filone appartengono molte delle opere più celebri, come Nel palco o Il tè.
Le sue donne dalle chiome rosse, una passione che allude semplicemente alle donne veneziane.
“Di chiome rosse di ragazzine vestite d’azzurro che leggono, di frutta sui tavoli del soggiorno, di poltroncine imbottite, carta da parati, pianoforti a muro, di viali e ombrellini, di mani di madre che pettinano la figlia. È la Parigi di un veneziano che scelse la modernità del gesto quotidiano, della pennellata veloce e del colore potente. E che a Venezia non tornò più, nemmeno quando, finalmente, la sua città ne riconobbe il valore, e gli dedicò una personale alla Biennale.”
Opera in copertina: Federico Zandomeneghi, Il filo d’erba (Le repos: jeune fille aux fleurs) , (1884-1894)