Michele Pannonio in ungherese Pannóniai Mihály, noto anche come Michele Ongaro o Michele Dai (Ungheria, ante 1415 – Ferrara, 1464 circa) ungherese, attivo in Italia. Fu uno dei pittori più importanti della corte di Ferrara nella metà del XV secolo e contribuì alla creazione di uno stile pittorico autoctono ferrarese.
Dal 1415 in poi sembra aver lavorato a Ferrara ed è menzionato nei documenti come Michele Ongaro, uno dei pittori di corte di Borso d’Este, duca di Ferrara
La maggior parte delle sue opere sono state distrutte. Ci sono paralleli tra il suo stile e quello dei pittori contemporanei che lavoravano in Ungheria, ma non si sa nulla dei suoi primi anni di carriera. Il Michel da Ungaria, ricordato come uno degli assistenti di Gentile da Fabriano al lavoro nella Cappella Strozzi nella sagrestia di Santa Trinità a Firenze, nel 1423, potrebbe essere lo stesso artista.
La ricca borghesia urbana dell’Italia rinascimentale amava rifugiarsi dalla calura estiva o dalle epidemie nelle proprie ville di campagna. Come racconta Boccaccio nel Decameron, qui si rilassavano, con racconti istruttivi e divertenti, musica, danze e conversazioni spiritose: in altre parole, rendevano omaggio alle muse. Non era un caso, quindi, che spesso adornassero le pareti con immagini di muse. Così è stato in quello che forse è stato uno dei ritiri estivi più famosi, la villa Belfiore (“bel fiore”) dei duchi di Ferrara, da cui proviene questo quadro. Il nome di Michele Pannonio suggerisce che fosse originario dell’Ungheria (Pannonia). Potrebbe essere stato amico di un altro famoso ungherese della corte di Ferrara, il poeta Janus Pannonius, il cui maestro Guarino da Verona ideò il concetto delle muse a Belfiore. Il testo sopravvissuto rivela che qui vediamo Thalia, mostrata nel ruolo di musa dell’agricoltura piuttosto che di protettrice della commedia. Ciò è indicato dal motto in basso nell’immagine (“Ho insegnato all’uomo a piantare”), ma anche dalle spighe di grano mature che circondano la testa di Thalia, dal grappolo d’uva nella sua mano e dal frutto rigoglioso che circonda il suo trono. Il suo stato di gravidanza, insolito per le muse, rafforza ulteriormente l’idea di fertilità. La forma slanciata del corpo di Thalia, le sue curve aggraziate e i contorni morbidi richiamano il gusto tardo gotico. I gigli e i festoni di frutta, dipinti con robusto naturalismo, sono di stile più moderno: potrebbero essere stati dipinti dal talentuoso rivale di Pannonio, Cosme Tura.
Creato intorno al 1457, questo capolavoro si trova nella prestigiosa Collezione del Szepmuveszeti Muzeum a Budapest, Ungheria. “La Musa Thalia” è uno squisito esempio di arte italiana che cattura magnificamente l’essenza della mitologia e della letteratura. Dipinto a tempera su tavola, raffigura Thalia, una delle nove muse della mitologia greca. Nell’ambito della Scuola di Ferrara, l’opera di Pannonio riflette il suo eccezionale talento e maestria nelle rappresentazioni allegoriche. In questo pezzo, Thalia è ritratta come un simbolo della commedia e della poesia idilliaca. La sua espressione gentile e la sua postura aggraziata trasudano eleganza e fascino pur mantenendo un senso di giocosità. I dettagli intricati e i colori vibranti danno vita ai suoi abiti fluidi decorati con motivi floreali.
Quest’opera d’arte è stata originariamente creata per lo Studiolo di Belfiore ma ora è diventata un’aggiunta inestimabile alla collezione di Szepmuveszeti Muzeum
Il suo significato storico non risiede solo nella sua bellezza artistica ma anche nella rappresentazione di temi classici che hanno ispirato generazioni. Mentre ammiriamo questa opera ci viene ricordato ancora una volta come l’arte trascenda il tempo, permettendoci di connetterci con miti antichi e apprezzare il genio dietro capolavori come “La Musa Thalia”.