Una rivoluzione lenta e senza avanguardie. Raramente le rivoluzioni si sono affermate senza una testa, una leadership diremmo oggi, che ne guidasse i passi verso il successo
Quelle industriali o tecnologiche sono nate per lo più dalla tenacia di scienziati e inventori con la passione delle scoperte. Sono stati loro le avanguardie che hanno costruito il progresso del mondo non sempre imparziale.
Da qualche anno viviamo la rivoluzione ecologica. È partita perché si è avvertito il rischio non solo di non avere più avanguardie o scienziati, ma perché il pianeta su cui viviamo è minacciato dai suoi stessi abitanti. Per godere del progresso la parte più evoluta del mondo si è poco preoccupata di inquinarlo, di comprometterne l’equilibrio naturale, l’ecosistema, fino al punto che più di recente c’è stato chi ha pensato addirittura di bruciare le foreste per biechi interessi.
La nuova rivoluzione è stata chiamata transizione, per dire che dobbiamo passare da un sistema di produzione e consumo a un altro
Per salvare il pianeta i leader mondiali periodicamente si ritrovano in qualche posto per trovare la migliore (sic!)soluzione. A parte la Conferenza Onu di Parigi del 2015 e una lunga lista di obiettivi climatici al 2030 o al 2050, i traguardi si stanno terribilmente allontanando. La Iea – Agenzia internazionale per l’energia – è l’unico organismo che ha davvero il controllo della situazione. Se rivoluzione/transizione è, c’è qualcuno che ne ha a cuore gli esiti. I dati scientifici vanno analizzati in profondità e presentati al mondo con onestà. Solo in questo modo si può arrestare l’odioso fenomeno del greenwashing che fa comodo a molti.
Nel mondo si consuma l’80% di fonti energetiche fossili: carbone, gas, petrolio in particolare. Sono fonti da sostituire per non continuare ad avere contraccolpi su tutto ciò che ci circonda. Eppure l’Agenzia internazionale ci dice che soltanto tra due anni le fonti rinnovabili raggiungeranno la metà della produzione elettrica del mondo. È una previsione di medio periodo come tante altre impolverate negli archivi di mezzo mondo.
Il punto è che i paesi che crescono maggiormente non riescono a liberarsi delle tradizionali energie, emulando il modello di sviluppo occidentale dopo la 2^ guerra mondiale. Cina, India, paesi del Sudest terranno a lungo alta la domanda di elettricità per sostenere la loro crescita. Chi è in grado di fermarli? Le emissioni nocive in atmosfera aumenteranno nonostante qualche passo degli stessi paesi verso fonti alternative. Ma sono i più popolati del mondo, devono rispondere alle esigenze di miliardi di persone, vogliono incrementare i commerci. Tra l’altro sfruttano risorse naturali locali oppure si sono sapientemente accaparrati quelle utili alle rinnovabili.
Nel 2023 gli USA hanno raggiunto quasi l’autonomia energetica mescolando fonti fossili e rinnovabili, diventando anche fornitori privilegiati per l’Europa per il gas liquefatto. Non hanno abbattuto le emissioni inquinanti.
Nel 2024, con le elezioni di giugno, cambierà la guida politica dell’Europa e si farà il bilancio del Green New Deal
Il piano doveva cambiare nel profondo il modo di vivere degli europei, ma quasi certamente non presenterà risultati straordinari. Di qua e di là dell’Atlantico, insomma, la rivoluzione/transizione ha sembianze diverse. Ma il mondo è anche altro. Soprattutto altro.
di Nunzio Ingiusto